Le persone che chiedono aiuto ai Centri di Ascolto Caritas sono in costante aumento e, sempre più spesso, hanno il volto di uomini e donne che fino a qualche anno fa non avremmo considerato a rischio di impoverimento. Uomini e donne che, attraverso un lavoro ed uno stipendio, vivevano una vita “normale”. Italiani e stranieri, qualificati e non, single e capi famiglia, che in questi ultimi cinque anni, soprattutto a causa di una crisi economica ed occupazionale di dimensioni epocali e strutturali, hanno perso il lavoro e con un reddito insufficiente o mancante rischiano anche di perdere la casa. Per sopravvivere si sono trovati costretti a chiedere aiuto, sperando. Persone e famiglie che, in un tempo abbastanza breve, rischiano di scivolare nella spirale della povertà e di non riuscire più a risalire e a rimettersi in piedi da sole.

Dal 2007 al 2012 sono aumentate di 12 punti percentuali le persone che chiedono ai Centri di Ascolto Caritas un aiuto sotto forma di beni alimentari. Nel solo 2012 sono aumentati del 4%.

A questa crescente domanda di aiuto gli operatori delle Caritas locali cercano di dare una risposta concreta, sperimentando forme di recupero e ridistribuzione degli alimenti innovative e sempre più rispettose della dignità delle persone, nella consapevolezza che l’aiuto alimentare da solo non basta, ma convinti del valore simbolico del “dare da mangiare”. Il cibo non è mai solo strumento per nutrire il corpo, ma occasione per entrare in relazione, per condividere.

Nello spirito del progetto del Ristorante Ruben, promosso dalla Fondazione Ernesto Pellegrini, ci sembra di cogliere questa stessa attenzione al volto della povertà di oggi e questo stesso stretto legame fra il mangiare e lo stare insieme. Una mensa diversa dalle altre presenti in citta. Perché collocata in una periferia e destinata, prima di tutto, alle persone in difficoltà che abitano quel territorio. Diversa perché aperta alle famiglie. Diversa perché si può scegliere cosa mangiare e contribuire simbolicamente a pagare il proprio pasto. Diversa perché si propone come luogo di incontro fra persone che stanno vivendo uno stesso temporaneo momento di difficoltà.

Ma non solo per queste ragioni ci sembra importante collaborare.

Facilitare l’incontro fra chi ha un bisogno e chi ha le idee e le risorse per rispondere a quel bisogno fa parte della vocazione di Caritas. Mettere in rete quanti sentono la responsabilità di prendersi cura dell’altro e di contribuire a costruire una città più solidale fa parte del compito che la Chiesa ha affidato alla Caritas.

Soprattutto per queste ragioni ci sentiamo di sostenere il progetto.

Don Roberto Davanzo

Don Roberto DavanzoCaritas Ambrosiana

Cara amica, caro amico di Ruben, vorrei raccontarti una piccola storia personale. Ho conosciuto Rita, mia moglie, 48 anni fa, in Belgio. Facevamo parte di un gruppo che dedicava il periodo delle vacanze pasquali ad assistere i minatori italiani ammalati di silicosi, i Ruben delle miniere potremmo dire, molto simili, per il disagio, a quelli dei campi. Oggi siamo sposati da 41 anni, abbiamo due figli e 4 nipoti, ma abbiamo mantenuto la mano tesa verso i meno fortunati, e sempre il desiderio di fare qualcosa di più. Dopo 40 anni di lavoro, lo scorso anno la pensione. Un’uscita piuttosto brusca, nel modo, anche se da tempo desiderata, proprio per dedicare al sociale non solo i ritagli ma il “tempo buono” della terza fase della mia vita, come mi ero impegnato a fare nel giorno di Pasqua del 1966, a 1000 msotto terra, 7 m all’interno di una “taglia” nella miniera di Tertre. Ed ecco, concomitante con la pensione, l’invito del fraterno amico Ernesto a “dargli una mano” nella Fondazione che con la sua famiglia ha appena costituito. Faccio fatica a non pensare a un Disegno in questa straordinaria coincidenza di eventi, che mi porta oggi a estendere lo stesso invito a te, se desideri, a tua volta, “dare una mano” a questo progetto. Conosci la storia di Ruben e il motivo che ha spinto la famiglia Pellegrini a proporre l’idea del Ristorante. Sta ora alla volontà di altri partire dalla generosità della famiglia Pellegrini e moltiplicarne gli effetti, creando attorno a questa iniziativa un’occasione di ripartenza per quanti sono stati recentemente emarginati da una delle molte crisi che hanno assalito con particolare virulenza la società italiana: crisi economica, del lavoro, della famiglia, della coesione sociale. Noi volontari vogliamo affiancare i professionisti che opereranno nel Ristorante con una presenza che sappia essere di aiuto, sia per soddisfare un bisogno immediato, ma anche e soprattutto per ri-trovare la speranza di un nuovo inizio. Molti credono che per aiutare gli altri occorra essere capaci di una grande generosità, di un gesto quasi eroico. Invece, se ognuno di noi fa una rapida carrellata della propria vita, scopre che almeno una volta ha fatto qualcosa per gli altri: la disponibilità ad aiutare chi ha bisogno è una merce molto meno rara di quanto comunemente si pensi. Spesso siamo anche convinti di non essere capaci, di non essere preparati ad affrontare le difficoltà, la fragilità, i bisogni altrui. Ma sappiamo dall’esperienza che si incontrano persone prima ancora che fragilità o bisogni, e che nel rapportarci con le persone, se lo vogliamo, siamo in grado di individuare le momentanee o radicate sofferenze e necessità. Ce lo insegna la vita tutti i giorni. Questo è quello che chiediamo ai volontari della Fondazione, e quindi anche a te: essere presente nel Ristorante per incontrare i commensali, conoscerli, recepirne le difficoltà e aiutarli a superarle. Soprattutto vogliamo aiutare chi ha perso il lavoro, e con questo la fiducia, a ritrovare l’uno e l’altra. Il volontario del Ristorante Ruben è una persona in grado di capire i problemi dei commensali ed è disposto a percorrere con loro un tratto di strada, accompagnandoli, facilitando il loro cammino, sostenendo la loro fatica, considerando ogni loro progresso un po’ anche suo. Ricorda sempre che quel che sai fare è una ricchezza che può essere messa a disposizione di chi ne ha bisogno. Per questo, diventare un volontario di Ruben significa mettere a profitto le proprie abilità, le proprie conoscenze, aiutando gli altri non solo come atto di generosità, ma come investimento sul futuro della società e quindi di noi tutti. Io sono personalmente convinto che la mancanza di lavoro sia oggi la piaga più grossa che affligge la nostra società: e non è tanto una mancanza di lavoro in senso assoluto, quanto l’incapacità del sistema Italia ad organizzare il lavoro, anche quello saltuario, in modo efficace ed efficiente. Ma mentre attendiamo la rimozione delle cause endemiche di questa criticità italiana, al cui dibattito partecipiamo come cittadini, come volontari della Fondazione Ernesto Pellegrini onlus vogliamo avviare attività e progetti che se pur limitati per scopo e durata consentano alle persone che lo desiderano di ricostruire da subito il senso di realizzazione e la dignità legati alla ritrovata capacità di provvedere a se stessi e alla propria famiglia. Se sei interessato a questo progetto, da costruire insieme, contattaci.

Giuseppe Orsi (Amministratore Delegato Fondazione Ernesto Pellegrini onlus)

Giuseppe Orsi (AD)A.D.

L’opportunità che mi è stata concessa di diventare volontaria Ruben mi ha dato la possibilità di conoscere persone che dignitosamente cercano di affrontare con le proprie famiglie situazioni ed imprevisti che ciascuno di noi potrebbe all’improvviso incontrare sulla propria strada.
Si respira un’atmosfera cordiale ed amichevole sia tra i commensali che i volontari ed ogni sera è un punto di riferimento e ritrovo dove si formano gruppi ed amicizie.
La nostra speranza e desiderio è che ciascuno di loro possa rivalutarsi e dignitosamente reinserirsi in una società difficile e troppo selettiva.
Noi ci proviamo con entusiasmo.

AlessandraVolontaria Ruben

Le persone che vengono a cena sono meravigliose, sorridenti e dignitose. Basta poco per capire l’importanza di questa opportunità che le persone che stanno attraversando un momento di difficoltà economica colgono immediatamente. Adoro andare fra i tavoli e chiacchierare.

ManuelaVolontaria Ruben

Grazie a questa iniziativa si è creato, per molte famiglie, un luogo dove poter cenare con serenità, i problemi non si risolvono ma a volte basta un pochino di serenità per poterli affrontare con più forza.

DanielaVolontaria Ruben

Quando ero bambino i miei genitori misero in piedi, insieme ad altri, una cooperativa edilizia, per riuscire a realizzare il sogno di una casa a prezzi accessibili. Un ragazzo conosciuto in parrocchia, con una storia difficile alle spalle, divenne socio della cooperativa; non avrebbe, però, mai potuto pagare il mutuo e sopravvivere. Così, siccome dove mangiano in tre mangiano anche in quattro, ho avuto per sei anni un nuovo fratello, che mangiava con noi tutte le sere, il sabato e la domenica anche a pranzo.

Mi è venuto in mente questo, quando la famiglia Pellegrini mi ha coinvolto in questo progetto.

Ci sono tante persone che attraversano momenti di difficoltà; hanno la forza e la volontà per riuscire a riprendersi, ma spesso hanno bisogno di un aiuto, un gesto concreto che le sostenga e le aiuti a rialzarsi.

Diventato grande sono finito ad occuparmi di “sociale”. Aiuto le persone e le organizzazioni a realizzare e gestire progetti e servizi rivolti a persone in difficoltà. Faccio questo lavoro perché ho la presunzione di contribuire a migliorare piccoli pezzetti di mondo. Qualche volta ci riesco. Anche grazie a tutte quelle persone che scelgono, ognuno con le proprie motivazioni e risorse personali, di assumere su di sé parte di quella responsabilità collettiva che è l’aiuto ai più deboli.

La Fondazione Ernesto Pellegrini la sento anche un po’ mia, non solo perché vi ho contribuito, ma perché credo che il segno che può lasciare non rimarrà soltanto nelle vite di chi sapremo aiutare, ma nelle vite di noi tutti e dei nostri figli.

Da scout dicevo ai miei lupetti che bisogna lasciare un posto meglio di come lo si è trovato. Se devo pensare all’obiettivo più alto per la Fondazione, penserei proprio a questo.

Io non ho mai conosciuto Ruben. Ma ho un figlio. Anche lui si chiama Ruben.

Voglio pensare che la Fondazione, il Ristorante, siano anche per lui. Forse non ne avrà mai bisogno, ma, anche se non lo sa, questo è uno dei regali più belli che gli potessi fare.

Davide Locastro

Davide LocastroRescogita srl