La Fondazione è per me un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita.
E ho voluto farlo partendo da quello che so fare meglio: ristorare le persone, dar loro un momento di nutrimento e di conforto; due cose che, in questo tempo, mi sembrano particolarmente preziose.
La mia famiglia ha voluto che questa Fondazione portasse il mio nome. E io la ringrazio.
Anch’io ho voluto dedicare il primo frutto della Fondazione, il Ristorante, a una persona che, nella mia infanzia e nella mia gioventù, ha avuto per me una grande importanza: Ruben.
Ruben ha lavorato per tre generazioni della mia famiglia: i miei nonni, i miei genitori, per me e mio fratello. I miei erano ortolani, abitavamo in una cascina alle porte di Milano e Ruben viveva con noi. La sua casa era un angolo della stalla.
Quando negli anni Sessanta ci hanno tolto i terreni che avevamo in affitto e hanno abbattuto la nostra cascina, siamo stati costretti a trasferirci in città e Ruben si è ritrovato solo, in una baracca di fortuna. Io, che allora avevo vent’anni e non avevo possibilità economiche, mi ero riproposto di aiutarlo, ma purtroppo non ho fatto in tempo: un giorno d’inverno, infatti, sul giornale è comparsa la notizia che Ruben era morto di freddo nella sua baracca.
Ho sempre conservato nel mio cuore il ricordo di quell’uomo buono, gran lavoratore che non è riuscito ad affrontare un cambiamento forte, duro, che la realtà di quel periodo gli aveva imposto.
Ruben non sono riuscito ad aiutarlo.
Oggi vorrei, però, aiutare qualcuno dei tanti Ruben che, per una ragione o per l’altra, vivono il loro momento di difficoltà e di disagio.